1 maggio 2014

20 years

Questa mattina la radio mi ha ricordato qualcosa di molto lontano e molto vicino allo stesso tempo.

20 anni fa il primo maggio era una domenica come le altre. La ricordo soleggiata. 

Ai tempi ero abbastanza appassionato di Formula 1. Avevo 9 anni e credo quella fosse la prima volta che seguivo veramente uno sport.

Trovavo i Gran Premi lunghi e noiosi a dirla tutta e soprattutto non avevo idea di perche' si misurasse la distanza fra due auto in secondi anziche' in metri.
Ma c'era un fascino irresistibile nella fusione tra l'uomo e la macchina. Il ruomore che facevano. Vederle una dietro l'altra affrontare le curve in una sorta di coreografia.

Dicevamo. Il 1 Maggio 1994 si e' schiantato Ayrton Senna. 
Quello stesso giorno mori' di asma anche il mio canarino Cipi'. Piu' o meno alla stessa ora.

E' la mia prima memoria del concetto di morte. Di impotenza davanti al fatto che non questa cosa non si poteva aggiustare.

Non ricordo di cosa parlammo mentre andavo con mio papa' a seppellire il canarino in un prato vicino casa. Ma mi ricordo la confusione dei pensieri. Continuavo a saltare tra Ayrton e Cipi' cercando una relazione fra gli eventi, cercando di capire come fare a cambiare gli eventi e rimettere tutto a posto.

Da adolescente, ho decisamente cambiato la mia idea riguardo la morte.

Seneca dice che e' stupido averne paura o esserne tristi poiche' la vita ci e' data a patto di morire.
Mica siamo tristi quando finiamo un libro. Mica siamo tristi quando finisce un film. Lo sappiamo dall'inizio che finira'.

La morte e' tornata a farmi visita di recente.
Inaspettata? Non saprei dire.

Dopotutto sapevo che, proprio come un libro, non rimanevano molte pagine. Forse dieci, forse cento, ma sapevo che comunque era la parte finale di quel libro.

Eppure la tristezza ha trovato il modo di infilarsi lo stesso.

E' la tristezza del non aver chiamato quando potevo. La tristezza del non poterlo fare ora e dare una notizia che l'avrebbe fatta sorridere e forse commuovere.

E poi di nuovo, la Morte mi ha trovato impreparato quando si e' portata via un'altro "libro" la cui fine era insospettabile.

E di nuovo, la tristezza si e' ripresentata sotto forma di consapevolezza del fatto che viviamo di fretta. Aspettando sempre qualcosa di futuro mentre il presente ci sfugge inconsiderato. Vivendo ogni cosa come fosse eterna. Preoccupandoci di dettagli, perdendo di vista il quadro per intero.

Kierkegaard dice che lo facciamo apposta per salvarci dalla disperazione del non poter comprendere per intero il senso storico degli eventi.

Boh, forse.

Fatto sta che oggi come vent'anni fa ho in mente gli stessi confusi pensieri.

Se solo potessimo cambiarlo. Se ci fosse il modo di parlarvi ancora una volta e mettere in pace il cuore per le cose che non abbiamo fatto in tempo a dirvi.

Sembra davvero piu' facile pensare soltanto al presente. 

Tipo che sono le 11 e mezza e devo iniziare a lavorare.